Paolo Borsellino

Nasce a Palermo in un quartiere povero: La Kalsa, dove vivono tra gli altri Giovanni Falcone e Tommaso Buscetta. Dopo aver frequentato il liceo classico "Meli", Borsellino si iscrive a Giurisprudenza a Palermo. Il 27 giugno 1962 all'età di 22 anni Borsellino si laurea con 110 e lode, pochi giorni dopo scompare suo padre. Borsellino si impegna con l'ordine dei farmacisti a tenere la farmacia del padre Diego fino al raggiungimento della laurea in farmacia della sorella Rita.

Paolo Borsellino, proveniente da una famiglia di simpatie di destra, nel 1959 si iscrisse al FUAN, acronimo di Fronte Universitario di Azione Nazionale (organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano, di cui rappresentava il ramo studentesco-universitario).

Membro dell'esecutivo provinciale, delegato al congresso provinciale, viene eletto come rappresentante studentesco nella lista del FUAN "Fanalino" di Palermo. In questi anni l'attività politica lo prende molto ma riesce a conciliare politica e studio senza grossi problemi.

Nel 1963 Borsellino supera il concorso per entrare in magistratura. Nel 1967 diventa pretore a Mazara del Vallo. Nel 1969 è pretore a Monreale, dove lavora insieme ad Emanuele Basile. Nel 1975 viene trasferito a Palermo e a luglio entra nell'ufficio istruzione affari penali sotto la guida di Rocco Chinnici.

Il 1980 vede l'arresto dei primi sei mafiosi grazie all'indagine condotta da Basile e Borsellino, ma nello stesso anno arriva la morte di Emanuele Basile e la scorta per la famiglia Borsellino.

In quell'anno viene costituito il pool antimafia, dove lavorano, sotto la guida di Chinnici, tre magistrati (Falcone, Borsellino, Barrillà) e due commissari (Cassarà e Montana). Tutti i componenti del pool chiedono espressamente l'intervento dello Stato, che non arriva.

Il 29 luglio 1983 viene ucciso Rocco Chinnici nell'esplosione di un'autobomba e pochi giorni dopo arriva da Firenze Antonino Caponnetto. Il pool vuole una mobilitazione generale contro la mafia. Nel 1984 viene arrestato Vito Ciancimino e si pente Tommaso Buscetta. "Don Masino" come viene chiamato nell'ambiente mafioso viene arrestato a San Paolo del Brasile ed estradato in Italia.

Buscetta descrive una mafia di cui fino ad allora si sapeva poco o nulla e la descrive in maniera molto dettagliata. Nel 1985 però vengono uccisi da Cosa Nostra, a pochi giorni l'uno dall'altro, i commissari Beppe Montana e Ninni Cassarà. Falcone e Borsellino vengono trasferiti nella foresteria del carcere dell'Asinara, dove iniziano a scrivere l'istruttoria per il maxiprocesso. Si seppe in seguito che l'amministrazione penitenziaria richiese ai due magistrati il rimborso spese ed un indennizzo per il soggiorno trascorsovi.

Il 19 dicembre 1986 Borsellino viene nominato Procuratore della Repubblica di Marsala. Nel 1987 Caponnetto lascia il pool per motivi di salute e tutti (Borsellino compreso) si aspettano la nomina di Falcone, ma il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) non la vede nella stessa maniera e nasce la paura di vedere il pool sciolto.

Borsellino parla dovunque e racconta quel che accade alla procura di Palermo: per questo motivo rischia il provvedimento disciplinare e solo grazie all'intervento del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si decide di indagare su ciò che succede nel palazzo di Giustizia.

Il 31 luglio il CSM convoca Borsellino che rinnova accuse e perplessità. Il 14 settembre Antonino Meli diventa (per anzianità) il capo del pool; Borsellino torna a Marsala, dove riprende a lavorare alacremente e insieme a giovani magistrati, alcuni di prima nomina. Inizia in quei giorni il dibattito per la costituzione di una Superprocura e su chi porne a capo. Falcone va a Roma per prendere il comando della direzione affari penali e preme per l'istituzione della Superprocura.

Con Falcone a Roma, Borsellino chiede il trasferimento alla Procura di Palermo e l'11 dicembre 1991 Paolo Borsellino, insieme al sostituto Antonio Ingroia, torna operativo alla Procura di Palermo, come Procuratore aggiunto.

Il 23 maggio 1992 nell'attentato di Capaci perdono la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco di Cillo. Due mesi prima della sua morte, Paolo Borsellino rilascia un'intervista ai giornalisti Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi (19 maggio 1992). L'intervista mandata in onda da RaiNews 24 nel 2000 è di trenta minuti, quella originale era invece di cinquanta minuti. In questa sua ultima intervista Paolo Borsellino parla anche dei legami tra la mafia e l'ambiente industriale milanese e del Nord Italia, facendo riferimento, tra gli altri, a Marcello Dell'Utri, Vittorio Mangano e Silvio Berlusconi.

Nelle elezioni presidenziali del 1992, i parlamentari del MSI votarono per Paolo Borsellino come presidente della Repubblica nel corso dell'XI scrutinio.

Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D'Amelio, dove vive sua madre.

Una Fiat Panda, anche se inspiegabilmente si diffuse l'erronea convizione che fosse una Fiat 126, parcheggiata nei pressi dell'abitazione della madre con circa 100 kg di tritolo a bordo esplode, uccidendo oltre a Paolo Borsellino anche Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto è Antonino Vullo. Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un incontro organizzato dalla rivista MicroMega, Borsellino parlò della sua condizione di "condannato a morte". Sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra e sapeva che difficilmente la mafia si lascia scappare le sue vittime designate.

 

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Tratto da: Paolo Borsellino. Wikipedia, L'enciclopedia libera.