Fabrizio De Andrè

Fabrizio De André (Genova-Pegli, 18 febbraio 1940 - Milano, 11 gennaio 1999) è uno fra i più conosciuti e amati cantautori italiani di sempre, sicuramente uno fra i più importanti.

Nelle sue opere ha cantato prevalentemente storie di emarginati, ribelli e diseredati. Molti suoi testi sono considerati dei veri e propri componimenti poetici e, come tali, inseriti nella gran parte delle antologie scolastiche di letteratura. Per gli amici e gli ammiratori fu semplicemente Faber, nome che Paolo Villaggio coniò in assonanza con quello dei pastelli che il cantautore tanto amava.

Di spirito anarchico e solida formazione culturale, Fabrizio De André ha pubblicato nei suoi 35 anni di carriera, dal 1961 al 1996, una ventina di album; un numero relativamente contenuto, ma che non sorprende chi gli ha sempre riconosciuto una maggiore attenzione alla qualità rispetto alla quantità.

Ecco l'ultima staffilata che, nell'agosto 1998, sollevò un'ondata di proteste e sdegno tra gli esponenti di quella classe politica e sociale che De André racchiudeva nel suo concetto di borghesia. Gli stessi che gridavano allo scandalo quando De André dedicava le sue strofe a prostitute, lestofanti e suicidi e che, alla sua morte, lo avrebbero osannato definendolo "Grande Poeta".

A Fabrizio De André, va riconosciuto il coraggio e la coerenza d'aver scelto, nella società italiana del dopoguerra, di sottolineare i tratti nobili ed universali degli sconfitti, affrancandoli dal ghetto giansenista degli indesiderabili e mettendoli a confronto con i loro accusatori.

Il cammino di Fabrizio De André ebbe inizio sulla pavimentazione sconnessa ed umida del carruggio di Via del Campo, prolungamento della famosa Via Pré, strada proibita di giorno quanto frequentata la notte. È in quel ghetto di umanità platealmente respinta e segretamente bramata che avrebbero preso corpo le sue ispirazioni; di ghetto in ghetto, dalle prostitute alle minoranze etniche, passando per diseredati, disertori, bombaroli ed un'infinità d'altre figure. Nella sua antologia di vinti, dove l'essenza delle persone conta più delle azioni e del loro passato, De André raggiungerà alte vette di lirismo poetico.

Nato il 18 febbraio 1940, in Via de Nicolay 12 a Genova Pegli, da una famiglia dell'alta borghesia industriale genovese (il padre Giuseppe fu vicesindaco del capoluogo ligure ed amministratore delegato dell'Eridania), Fabrizio crebbe inizialmente nella campagna astigiana, dove la famiglia si trasferì nel 1941, a causa dell'aggravarsi della situazione bellica, e successivamente nella Genova del dopoguerra, permeata da stili religiosi e politici sovente rigidi e bigotti.

Nella città natale fu attratto fin da giovanissimo dalla musica. Non altrettanto buono fu il rapporto con la scuola. Inizialmente educato in una scuola privata elementare retta da suore Marcelline, passò alla scuola statale, dove il suo comportamento "fuori dagli schemi" gli impedì una pacifica convivenza con le persone che trovò al suo interno, in special modo professori. Per questo venne trasferito nella scuola di Gesuiti dell'Arecco, celebri per la loro severità.

Dopo essersi diplomato frequentò alcuni corsi di lettere e altri di medicina presso l'Università di Genova prima di scegliere la facoltà di Giurisprudenza, ispirato dal padre e dal fratello Mauro, entrambi avvocati. A sei esami dalla laurea decise di intraprendere una strada diversa: la musica (suo fratello, acutissimo avvocato societario, sarebbe divenuto uno dei suoi fan più fedeli e critici).

La passione per la musica aveva preso corpo anche grazie all'assidua frequentazione degli amici Tenco, Bindi, Paoli e Villaggio (con il quale avrebbe scritto la celebre "Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers" e la giocosa "Il fannullone").

Mostrò particolare attenzione verso gli chansonniers francesi, in particolar modo per Brassens, dal quale trasse più volte ispirazione, ma che non volle mai incontrare per non correre il rischio di rimanerne deluso a causa del carattere notoriamente difficile dell'artista.

Analoghe fonti di ispirazioni furono Brel, Dylan, Cohen e Ferré.

I testi del cantautore, che toccano spesso argomenti religiosi, sono comunque improntati ad una personale e disincantata filosofia cristiana e, a tratti, da una certa spiritualità; ne sono prova brani come "Spiritual", "Si chiamava Gesù", "Preghiera in Gennaio" e il concept album La buona novella.

Tuttavia, l'atteggiamento tenuto da Faber nei confronti delle gerarchie ecclesiastiche, è sovente sarcastico e fortemente critico nel contestarne i comportamenti contraddittori, come, ad esempio, nelle canzoni "Un blasfemo", "Il testamento di Tito", "La ballata del Michè".

Tale idiosincrasia per il clero fonda le sue radici, probabilmente, anche nell'infanzia di De André, durante la sua permanenza, alle medie inferiori, presso l'Istituto Arecco, una scuola gestita dai gesuiti e frequentata dai rampolli della "Genova-bene". Durante il primo anno fu vittima di un tentativo di molestia sessuale da parte di uno dei gesuiti dell'istituto; nonostante l'età, la reazione verso il "padre spirituale" fu pronta e, soprattutto, chiassosa e prolungata, tanto da indurre la direzione ad espellere il giovane De André, nel tentativo di placare lo scandalo. L'improvvido espediente, tuttavia, si rivelò vano poiché, a causa del provvedimento d'espulsione, dell'episodio venne a conoscenza anche il padre di Fabrizio, esponente della resistenza e vicesindaco di Genova, che informò il Provveditore agli Studi pretendendo un'immediata inchiesta che terminò con l'allontanamento dall'istituto scolastico del gesuita.

«Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest'età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d'arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l'esuberanza creativa» .
(F. De André)

Il giovane De André nel 1960Ad ottobre del 1961 la Karim pubblica il suo primo 45 giri, con copertina standard forata (la ristampa del 1971 della Roman Record avrà invece una copertina curata dalla pittrice genovese Loris Ferrari, amica di Fabrizio). Il disco contiene due brani, Nuvole barocche ed E fu la notte.

Nel 1964 il cantautore sostenne l'esame di ammissione come autore alla SIAE di Roma per poter depositare a proprio nome le canzoni; nel 1997, durante la consegna del Premio Lunezia, confessò di aver utilizzato una buona parte della poesia Le foglie morte di Jacques Prévert nel testo dell'esame.

Negli anni successivi De André andò affermandosi sempre più come personaggio riservato e musicista colto, abile nel condensare nelle proprie opere varie tendenze ed ispirazioni: le atmosfere degli storici cantautori francesi, tematiche sociali trattate sia con crudezza sia con metafore poetiche, tradizioni musicali di alcune regioni italiane, sonorità di ampio respiro internazionale e l'utilizzo di un linguaggio inconfondibile ma, al tempo stesso, volutamente alla portata di tutti.

In questo periodo uscirono i suoi primi 33 giri. La sua discografia non è numerosissima come, del resto, inesistenti fino al 1975 erano i suoi concerti. L'album del debutto è Tutto Fabrizio De André (1966, ristampato due anni dopo con il titolo di La canzone di Marinella sotto un'altra etichetta e riportando una diversa copertina), una raccolta di alcune delle canzoni che sino ad allora erano state edite solo in 45 giri, seguita da Volume I (1967), Tutti morimmo a stento (1968), Volume III (1968), Nuvole barocche (1969); quest'ultimo è la raccolta dei 45 giri del periodo Karim esclusi da Tutto Fabrizio De André.

Gli anni fra il 1968 ed il 1973 furono fra i più proficui per l'autore, che iniziò la serie dei concept con Tutti morimmo a stento, a cui segue La buona novella; un album importante, che riporta il pensiero cristiano nei primitivi confini di un'umana dimensione della fratellanza, in forte contrapposizione con la dottrina di sacralità e verità assoluta, che il cantautore sostiene essere inventata dalla Chiesa al solo scopo di esercizio del potere.

Un crescendo creativo che, nel 1971 culminò in Non al denaro, non all'amore né al cielo, libero adattamento di alcune poesie della Antologia di Spoon River, opera poetica di Edgar Lee Masters. Il passo successivo (dopo un 45 giri con due traduzioni da Leonard Cohen, "Suzanne" e "Giovanna d'Arco") fu, nel 1973, Storia di un impiegato, disincantata e sofferta trasposizione italiana del Maggio francese e dei conflitti che lo avevano determinato.

De André ha spesso usato sonorità di strumenti mediterranei e medievaliTutti morimmo a stento (1968), con temi dark, suicidi, pervertiti, drogati, pedòfili, bambini pazzi, re tristi. Per la prima volta si fa accompagnare da un'orchestra sinfonica, la Philarmonia di Roma, sotto la guida del maestro Gian Piero Reverberi.

Il testo del primo brano, "Cantico dei drogati" è tratto da una poesia di Riccardo Mannerini. Quest'album è il primo concept album ad essere pubblicato in Italia; riceve anche il premio della critica italiana. Il padre, parlando del disco fresco di stampa, afferma: «Ieri guardavano lui e dicevano - è il figlio di De André. Oggi guardano me e dicono - è il padre di De André»

La buona novella (1970), con i testi tratti da alcuni vangeli apocrifi e nel quale suonava il gruppo I Quelli, poi ribattezzato PFM. Il disco è arrangiato dallo stesso Reverberi.

Non al denaro, non all'amore né al cielo (1971), ispirato dalla Antologia di Spoon River, capolavoro di Edgar Lee Masters pubblicato nell'aprile del 1915 e tradotto in Italia da Fernanda Pivano nel 1943. De André in questo disco si avvale della collaborazione di Giuseppe Bentivoglio per i testi e di Nicola Piovani per le musiche. Questo album è stato reinterpretato nel 2005 dal cantante Morgan, rinnovandone in parte l'arrangiamento.

Storia di un impiegato (1973), un altro concept album ispirato agli avvenimenti del Maggio francese ed alla contestazione giovanile del Sessantotto. È uno degli album più controversi del cantautore. Anche qui risulta importantissima la collaborazione con Giuseppe Bentivoglio e con il compositore Nicola Piovani, che figura come coautore per le musiche e che ha curato con grande perizia gli arrangiamenti.

A partire dal 1974, De André iniziò nuove collaborazioni con altri musicisti e cantautori: a ciò affiancò anche l'attività concertistica, mai affrontata sino ad allora. Negli anni settanta De André tradusse canzoni di Bob Dylan (Romance in Durango e Desolation Row), Leonard Cohen ("It seems so long ago, Nancy", "Jeanne D'Arc", "The famous blue raincot" per la Vanoni e "Suzanne") e Georges Brassens (lavoro che porterà all'uscita dell'album Canzoni del 1974) e collaborò con altri artisti (su tutti Francesco De Gregori, che lavorò con lui alla scrittura di molti brani dell'album Volume VIII del 1975, album non privo di sperimentazione in cui sono affrontate tematiche esistenziali quali il disagio verso il mondo borghese e la difficoltà di comunicazione); nonostante il suo carattere schivo e poco incline alle apparizioni in pubblico, accettò di esibirsi dal vivo, prima ancora del concerto alla Bussola di Viareggio, a Piazza Navona nel 1974, in occasione di una manifestazione del partito Radicale per il referendum sul divorzio, sconvolgendo migliaia di romani che avevano sognato quel momento per anni, e iniziando poi un tour con i New Trolls, con i quali aveva già collaborato nel 1968 per i testi del loro disco Senza orario senza bandiera.

Nel 1979 si esibì insieme alla Premiata Forneria Marconi, che affrontò con successo l'ardua sfida di riarrangiare alcuni dei brani più significativi del grande cantautore genovese. L'operazione si rivelò estremamente positiva, tanto che il tour originò due album interamente live, tra il 1979 ed il 1980, che conobbero uno straordinario successo di vendite.

Rimini (1978), segna l'inizio della collaborazione, che proseguirà proficuamente nel tempo, con il cantautore veronese Massimo Bubola. Quest'album fa intravedere un De André esploratore di una musicalità più distesa, spesso di ispirazione americana, di cui Bubola è portatore. I brani trattano l'attualità (il naufragio di una nave genovese) così come tematiche sociali (l'aborto e l'omosessualità).

Fabrizio De André (1981) è un album senza titolo, noto come L'indiano per il suo disegno in copertina, con Bubola ancora una volta coautore di De André. Il filo che lega i vari brani è il parallelismo tra il popolo dei Pellerossa e quello Sardo, entrambi oppressi dai loro colonizzatori. Il sequestro del cantautore è rievocato nel brano Hotel Supramonte.
Nel 1980 i due cantautori pubblicano un 45 giri intitolato Una storia sbagliata, i cui brani sono editi per la prima volta in CD solo nel 2005. Il disco reca inciso Una storia sbagliata sul lato A e Titti sul lato B, entrambe scritte con Bubola. Fabrizio ricorderà in un'intervista a proposito di questa canzone:

«Nel testo di Una storia sbagliata rievoco la tragica vicenda di Pier Paolo Pasolini. È un canzone su commissione, forse l'unica che mi è stata commissionata. Mi fu chiesta come sigla per due documentari-inchiesta sulle morti di Pasolini e Wilma Montesi».

De André ha avuto due figli, entrambi musicisti: il primo, Cristiano, anch'egli cantautore, nato nel 1962 dalla prima moglie Enrica Rignon, soprannominata Puny; la seconda, Luisa Vittoria detta Luvi, avuta nel 1977 da Dori Ghezzi. Ambedue, negli ultimi anni di vita di Fabrizio, cantarono col padre in alcuni concerti.

La sera del 27 agosto 1979, quando ormai viveva quasi stabilmente in Sardegna nella sua tenuta dell'Agnata, a due passi da Tempio Pausania, fu rapito dall'anonima sequestri sarda insieme alla sua compagna Dori Ghezzi, poi sposata nel 1989. I due vennero liberati dopo quattro mesi (Dori fu liberata il 20 dicembre, Fabrizio il 22) dietro il versamento del riscatto di circa 550 milioni di lire, in buona parte sborsati dal padre Giuseppe.

Intervistato all'indomani della liberazione (il 23 dicembre in casa del fratello Mauro) da uno stuolo di giornalisti, Faber tracciò un racconto pacato dell'esperienza («...ci consentivano, a volte, di rimanere a lungo slegati e senza bende.») ed ebbe parole di pietà per i suoi carcerieri («Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai»). Questa posizione inconsueta, nel quadro di un invito di De André a ragionare seriamente sulla realtà sociale sarda, attirò critiche feroci di certa stampa che tese a colpevolizzare in modo retorico e sensazionalistico i sequestrati.

L'esperienza del sequestro si aggiunse al già consolidato contatto con la realtà e con la vita della gente sarda, e gli avrebbe ispirato diverse canzoni, scritte ancora con Bubola e raccolte in un album senza titolo, pubblicato nel 1981, comunemente conosciuto come "L'indiano" dall'immagine di copertina che raffigura un nativo americano. Trasparente la similitudine fra il popolo indiano e quello sardo, entrambi, pare sostenere il cantante, rinchiusi in riserve se non altro culturali, entrambi vittime di dominazioni sociali.

Sottili, ma non velate, furono le allusioni all'esperienza del sequestro: dalla stessa ripresa della locuzione "Hotel Supramonte" (con cui da sempre i sardi chiamavano l'industria dei sequestri) alla descrizione degli improvvisati banditi cui, comunque, non intese negare note di un certo romanticismo ed una connotazione di proletariato periferico che per questo meritava, coerentemente con le sue tematiche privilegiate, una forte attenzione. Al processo, De André confermò il perdono per i suoi carcerieri, ma non per i mandanti che, secondo le cronache dell'epoca, erano agiati esponenti del PCI sardo.

Altre importanti collaborazioni lo videro impegnato negli anni seguenti con Mauro Pagani - per la realizzazione dell'album Creuza de mä (1984), un progetto di Pagani che De André arricchisce con i suoi testi e che all'inizio parve un fiasco ma fu in seguito premiato dalla critica come "Album del decennio". Sebbene non sia semplice attribuire il premio di miglior disco da lui scritto dal punto di vista poetico-letterario, dal punto di vista musicale a Creuza de mä tocca probabilmente tale alloro, visti i numerosi riconoscimenti da esso ottenuti. Questo disco è un viaggio nei magici suoni del mediterraneo, guidato dalla maestria di Mauro Pagani, che nel 1984 trattò con largo anticipo sui tempi il tema della musica etnica. Creuza de Ma segna uno spartiacque nella carriera del cantautore genovese: dopo questo album, Fabrizio esprime la volontà di non voler più cantare in italiano ma di volersi concentrare esclusivamente sul genovese (che per lui non era un dialetto ma una vera e propria lingua). Inizia un periodo di crisi artistica che lo porta a formulare ipotesi di collaborazioni che poi non verranno mai realizzate come la possibilità di un album sulle musiche dell'Europa orientale con Ivano Fossati e Vasco Rossi (che, secondo Fabrizio, aveva un lato rock che a lui mancava). Da questa crisi uscirà soltanto nel 1990 (sei anni dopo Creuza de ma) con l'incisione, fortemente voluta da Pagani, di un nuovo lavoro che sembra unire l'esperienza linguistica dell'album precedente a tematiche sociali e politiche, Le nuvole. Nel 1990 uscì Le nuvole (1990), ancora con l'amico Mauro Pagani e con la collaborazione di Ivano Fossati, titolo che (come in Aristofane) allude ai potenti che oscurano il sole. Fossati lo aiuterà inoltre nella realizzazione del suo ultimo disco, Anime salve (1996), da molti ritenuto un capolavoro. Inizialmente il disco doveva essere pubblicato a nome dei due autori.

Creuza de mä (1984) fu da parte di Pagani un importante lavoro di ricerca, con il quale si rievocò, e per sonorità e per testi, un modus musicale del Mediterraneo genovese, ovvero di quella parte tradizionale, e per questo "sociale", della cultura della sua città natale. La lingua utilizzata è il genovese antico, la musica rievoca tradizioni turche, greche e berbere. Questo album si pone come la riscoperta delle radici panmediterranee, in contrapposizione alla sempre più ingombrante cultura d'Oltreoceano. Secondo alcuni critici è uno dei primi album in assoluto che abbiano contribuito alla definizione di quella che in seguito verrà chiamata world music.

Le nuvole (1990) è la summa delle varie collaborazioni di questo periodo (da Mauro Pagani, coautore di tutti i brani, a Ivano Fossati e Massimo Bubola). Con questo album De André torna in parte al suo stile musicale più tipico, affiancandolo alle canzoni in dialetto e all'ispirazione etnica. Torna anche la critica graffiante all'attualità, in particolare ne La Domenica delle Salme e in Don Raffaè.

Anime Salve (1996), è l'ultimo album in studio del cantautore ed anche l'ultimo concept album, incentrato sul tema della solitudine. La musica è scritta in gran parte da Ivano Fossati, sulla stessa matrice etnica nata con Creuza de mä: fra le varie influenze sonore vi sono il Sudamerica ed i Balcani. Questo album, a differenza dei due precedenti, è in gran parte in Italiano. L'ultima traccia, Smisurata Preghiera, è forse la più riuscita fusione stilistica tra i due coautori dell'album: inoltre, essa riassume con efficacia le tematiche dell'intera opera di De André: l'emarginazione, il suo superamento nella ricerca della libertà, l'amore per l'uomo.

Fra il 1990 ed il 1996 collabora con vari autori, sia come autore che come cointerprete, nei rispettivi album: tra essi si ricordano qui Francesco Baccini, i Tazenda, Mauro Pagani, ancora Massimo Bubola, Max Manfredi, Teresa De Sio, Ricky Gianco, i New Trolls e del figlio Cristiano De André. Da segnalare la collaborazione con "Li Troubaires de Coumboscuro" nell'album A toun souléi, dove De André partecipa all'incisione del brano in provenzale antico Mis amour, insieme a Dori Ghezzi e Franco Mussida.

Nell'estate 1998, durante la tournée del suo ultimo album Anime Salve, gli fu diagnosticato un tumore ai polmoni, che lo portò a interrompere i concerti.

La notte dell'11 gennaio 1999, Fabrizio De André morì all'Istituto dei tumori di Milano, dove era stato ricoverato con l'aggravarsi della malattia.

I suoi funerali si svolsero nella Basilica di Carignano a Genova il 13 gennaio: una folla di più di diecimila persone si strinse intorno al dolore della famiglia.

Emozionante fu la presenza di una bandiera del Genoa, la sua squadra del cuore, di tante bandiere anarchiche (rosse e nere), sotto cui si strinsero nel dolore i tanti protagonisti delle sue canzoni (prostitute, zingari, tossicodipendenti, transessuali,...), oltre ad amici come Ricky Gianco, Gianna Nannini, Ivano Fossati, Vasco Rossi, Beppe Grillo, Paolo Villaggio e a esponenti dello spettacolo, della politica e della cultura.

Riposa nella tomba di famiglia nel cimitero di Staglieno accanto al fratello Mauro, al padre Giuseppe e alla madre Luisa Amerio.
 

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Tratto da: Fabrizio De Andrè. Wikipedia, L'enciclopedia libera.