Thomas Jefferson
Thomas Jefferson (Shadwell, 13 aprile 1743 – Charlottesville, 4 luglio 1826) è stato un politico e scienziato statunitense. È stato il terzo presidente degli Stati Uniti d'America ed è inoltre considerato uno dei padri fondatori della nazione. Il suo volto è ritratto sul Monte Rushmore accanto a quelli di George Washington, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt. Fu il principale autore della dichiarazione d'indipendenza del 4 luglio 1776 ed uno dei fondatori del Partito Democratico-Repubblicano degli Stati Uniti.
Fortemente segnato dal pensiero illuminista fu un fautore di uno Stato laicista e liberale. Fu inoltre anche un intellettuale di grande spessore. Fondatore della Università della Virginia, ebbe un ruolo centrale nello sviluppo e nella costruzione di questa istituzione. Fu infine anche un architetto. Suoi sono ad esempio i progetti per il Campidoglio di Richmond, il campus dell'Università della Virginia e la sua casa di Monticello, i quali fanno parte del patrimonio dell'UNESCO dal 1987.
Figlio di un pioniere della Virginia originario del Galles, Thomas Jefferson nacque a Shadwell, nella Contea di Albemarle, in Virginia da una famiglia benestante il 13 aprile 1743. Il padre, Peter Jefferson, era un ricco proprietario terriero che aveva sposato Jane Randolphs, la quale discendeva da una delle più influenti famiglie dell'epoca. Jane Randolphs, figlia a sua volta di Isham Randolph, era quindi imparentata direttamente con Peyton Randolph, uno dei più influenti personaggi della Virginia di quel periodo. Dei suoi anni di infanzia non si sa molto, tranne alcune informazioni generiche. Jefferson era il terzo di nove fratelli, due dei quali nacquero però già morti.
Jefferson fu istruito inizialmente da alcuni insegnanti privati e a partire dal 1752 frequentò la scuola elementare dove ebbe come insegnante William Douglas, un pastore anglicano originario della Scozia. All'età di nove anni iniziò i suoi studi di greco, latino e francese. Nel 1757 - all'età di 14 anni - suo padre morì. Il giovane Jefferson ereditò quindi circa 5 000 acri di terreno e numerosi schiavi. Dopo la morte del padre, Jefferson fu istruito presso un istituto diretto dal pastore James Maury, dove studiò dal 1758 fino al 1760.
Dal 1760 frequentò il William and Mary College, dove si diplomò due anni più tardi col massimo dei voti. Sempre presso il William and Mary College ricevette un'istruzione in filosofia e matematica, e perfezionò le sue conoscenze di francese. Si riferisce inoltre che Jefferson fosse un ottimo suonatore di violino. Dopo essersi diplomato, Jefferson si iscrisse a Giurisprudenza ed intraprese gli studi per divenire avvocato. Si laureò infine a vent'anni col massimo dei voti.
Dopo la morte della sorella più anziana - Jane 1 ottobre 1765 - Jefferson cadde in un lungo periodo di depressione. A ciò si aggiunse anche il fatto che dopo il matrimonio delle sue due altre sorelle, Mary Jefferson e Martha Jefferson, che sposarono rispettivamente Thomas Bolling e Dabney Carr, entrambe si trasferirono presso le abitazioni dei loro mariti, lasciando il giovane Jefferson solo con le due sorelle minori Elizabeth e Lucy.
Nonostante le difficoltà iniziali subite dopo la morte della sorella Jane, Jefferson divenne a breve un avvocato di fama, avendo tra i suoi clienti persone di spicco tra le quali anche parenti di sua madre ed esponenti della famiglia Randolphs.
Nel 1772 sposò una vedova ventitreenne, Martha Skelton, dalla quale ebbe sei figli: Martha Jefferson Randolph (1772–1836), Jane Randolph (1774–1775), una figlia nata morta nel 1777, Mary Wayles (1778–1804), Lucy Elizabeth (1780–1781), ed Elizabeth (1782–1785). Seguendo l'esempio del padre, divenne giudice di pace, e poi fu rappresentante dell'assemblea della Virginia fino a quando nel 1775 fu eletto nel congresso continentale.
Si sa inoltre che Jefferson ha avuto una relazione con una sua schiava di nome Sally Hemings dalla quale ha anche avuto diversi figli.
Dopo aver esercitato per un breve periodo il mestiere di avvocato fino al 1776, Jefferson riuscì a divenire deputato nella House of Burgesses, la Camera Bassa del parlamento della Virginia. Nel 1774 pubblicò un breve saggio con il titolo A Summary View of the Rights of the British America, che doveva fungere da manuale per i deputati della Virginia inviati presso il congresso continentale e che diede a Jefferson grande fama di pensatore e precursore del pensiero patriottico americano.
Sempre nel 1774, Jefferson venne nominato deputato presso il congresso continentale. Assegnato alla commissione per la Dichiarazione di Indipendenza, Jefferson fu incaricato di elaborare la prima bozza del documento, che fu poi rivista da John Adams.
Verso la fine del 1776 ritornò in Virginia dove fu rieletto nuovamente nel locale parlamento.
Come deputato, si dedicò alla completa revisione delle leggi allora vigenti nello Stato della Virginia, elaborando in soli tre anni 126 disegni di legge. Di particolare importanza sono i disegni di legge sull'abolizione del diritto dei primogeniti, sulla libertà di credo e sulla completa revisione del sistema scolastico vigente.
Nel 1779 durante il periodo della guerra di indipendenza fu eletto Governatore della Virginia, carica che ricoprì dal 1779 fino al 1781. Durante questo periodo la Virginia fu occupata per ben due volte dalle forze armate britanniche che, in entrambe le occasioni, occuparono anche la città di Richmond, la quale sarebbe poi divenuta da li a pochi anni la capitale dello Stato. In quel frangente fu anche accusato di non aver fatto abbastanza per mettere in sicurezza Richmond, ma una commissione di inchiesta nominata per dirimere le polemiche createsi lo scagionò da ogni accusa.
Jefferson si ritirò dalla scena politica per qualche tempo e ritornò alla sua tenuta di Monticello. Il 6 settembre 1782 morì la moglie Martha durante il parto della sesta figlia Lucy Elisabeth.
Dal 1785 fino al 1789 Jefferson venne inviato come diplomatico a Parigi e non poté quindi partecipare in modo diretto alle discussioni che riguardavano la Costituzione degli Stati Uniti.
Ciò nonostante la Costituzione elaborata dalla convenzione di Filadelfia lo soddisfò, anche se come poi più tardi fece notare avrebbe voluto l'aggiunta di un Bill of Rights che proteggesse i diritti dell'individuo. Durante il periodo parigino, Jefferson si innamorò profondamente della pittrice già sposata Malerin Maria Cosway, ma tra i due non vi fu mai una relazione.
Nello stesso periodo Jefferson effettuò anche numerosi viaggi in Italia settentrionale ed in Francia meridionale, dove studiò a fondo l'architettura e le diverse opere d'arte locali. Intraprese altresì dei viaggi in Belgio ed in Olanda, fino a spingersi ai confini con la odierna Germania.
Sempre durante il suo periodo in Francia Jefferson divenne partecipe della rivoluzione francese, che appoggiò per quanto poté e per quanto gli consentiva la sua posizione di diplomatico. In tale occasione diede importanti contributi nell'elaborazione nelle riflessioni sui diritti umani, prima di lasciare la Francia nel settembre del 1789 per ritornare in patria.
Dopo il suo ritorno, Jefferson fu nominato da George Washington Segretario di Stato.
In questo ruolo, Jefferson divenne - assieme al suo collega, l'allora Segretario al Tesoro Alexander Hamilton - il braccio destro di Washington. Ciò però non poté impedire che con il passare del tempo si creassero posizioni di contrasto tra Hamilton e Jefferson. Così se ad esempio Hamilton era favorevole alla creazione di una banca centrale, Jefferson sosteneva che la vigente costituzione non dava l'autorità necessaria al governo per poterla creare. Un altro punto di attrito tra i due riguardava il sovvenzionamento dell'industria americana da parte dello stato: mentre il newyorkese Hamilton era favorevole, Jefferson, originario di una famiglia di ricchi proprietari terrieri e di schiavi, era propenso a favorire l'agricoltura e gli interessi degli agricoltori. Infine se Jefferson era fortemente filo francese, Hamilton rivendicava le origini anglosassoni del suo paese, favorendo rapporti più stretti con la Gran Bretagna.
Le divergenze tra i due sfociarono infine con la formazione di due schieramenti contrapposti, che portarono alla creazione dei primi due partiti d'America. Jefferson divenne così, con l'aiuto di James Madison e James Monroe, il fondatore del partito democratico repubblicano, mentre Hamilton fu il fondatore del partito federalista. Gli attriti tra i due partiti proseguirono fino al 1793 nonostante i numerosi tentativi di mediazione del presidente per mitigare gli animi. Deluso dall'atteggiamento del suo rivale e del fatto di non essere riuscito a pervenire ad un accordo, Jefferson si ritirò a Monticello dove si dedicò all'ampliamento della sua tenuta.
Ma anche questa assenza dalla scena politica fu breve. Tre anni più tardi fu nominato dal partito democratico repubblicano come candidato alle elezioni presidenziali. Il meccanismo elettorale per l'elezione alle cariche di presidente e vicepresidente all'epoca era la seguente: il candidato col maggiore numero di voti diveniva presidente degli Stati Uniti, mentre diveniva automaticamente vicepresidente il candidato che aveva ricevuto il secondo maggior numero di voti. Questo permetteva di fatto che potessero essere eletti due candidati di schieramenti diversi.
Proprio questo avvenne nel 1796: John Adams divenne presidente con 71 voti mentre il suo candidato per la vicepresidenza, Thomas Pinckney perse con 59 voti contro Jefferson che lo sopravanzò per soli nove voti di preferenza; Aaron Burr, il candidato alla vicepresidenza di Jefferson, giunse 4º con 30 voti.
In veste di vicepresidente, Jefferson aveva il compito di presiedere il Senato. Durante questo periodo pubblicò un manuale sulle procedure parlamentari, dal titolo A Manual of Parliamentary Practice.
Sempre durante il periodo di mandato di Adams le relazioni tra Francia e Stati Uniti si inasprirono, tanto che nel 1798 si era giunti all'orlo di una guerra. A causa del clima teso, in risposta alle minaccie francesi il congresso approvò le quattro leggi note unitariamente col nome di Alien and Sedition Acts. Queste davano al presidente il potere di arrestare ed espellere cittadini che provenivano da paesi ritenuti ostili, oltre a proibire la pubblicazione di articoli che incitassero alla critica ingiustificata nei confronti dei funzionari si stato, introducendo per la prima volta nella storia americana il reato di vilipendio.
In particolar modo da parte del partito democratico repubblicano queste nuove leggi furono interpretate come un attacco diretto nei confronti della libertà dei cittadini. Secondo Jefferson infatti tali leggi erano in contrasto col primo articolo della Costituzione, che garantiva il diritto di stampa e di pensiero. Jefferson e Madison presero quindi la decisione nel 1789 di deliberare per lo stato della Virginia e del Kentucky le cosiddette Kentucky and Virginia Resolutions. Come nel dibattito al riguardo della creazione di una Banca centrale, Jefferson si basò sul principio che il rapporto tra il potere centrale e quello dei singoli stati federali fosse regolato da un patto e che le competenze che riguardavano il potere centrale fossero applicabili solo laddove la costituzione esplicitamente lo prevedesse: ogni decisione presa al di fuori dell'area di competenza assegnata dalla costituzione sarebbe stata quindi una palese violazione di quest'ultima. Alla fine fu Madison a placare gli animi, riassumendo le idee di Jefferson in forma più pacata. Due anni più tardi, alla fine del primo mandato di Adams furono indette nuove elezioni presidenziali, per le quali il Partito Democratico Repubblicano candidò gli stessi candidati della precedente elezione, mentre il partito federale decise di candidare Adams e Charles Cotesworth Pinckney.
Le elezioni presidenziali dell'anno 1800 furono certamente fra le più turbolente mai viste nella storia degli Stati Uniti. I democratici repubblicani, delusi dalla politica di Adams, ma in particolar modo dagli Alien and Sedition Acts, accusarono il partito federalista di tendenze monarchiche, mentre secondo i federalisti le posizioni del partito democratico repubblicano erano decisamente troppo estreme. Anche tra gli alleati di Adams si levarono pesanti critiche nei suoi confronti. Il presidente, che era stato sempre ritenuto un moderato, si era invece rivelato capace di sostenere posizioni molto estreme deludendo di conseguenza una parte del suo elettorato, e ciò spinse lo steso Hamilton ad impegnarsi affinché Adams venisse sostituito da Pinckney nella corsa alla presidenza, pubblicando una lettera nella quale lo criticava aspramente.
A causa delle continue controversie all'interno del partito federalista, le elezioni del 1800 furono infine vinte dai repubblicani, ma per via dell'allora vigente sistema elettorale, entrambi i candidati democratici repubblicani - Jefferson e Burr - si aggiudicarono ciascuno le cariche di presidente e vicepresidente con 73 voti. Secondo l'allora vigente costituzione, spettava allora alla House of Representatives decidere chi dei due candidati dovesse ricevere il mandato presidenziale e chi quello di vicepresidente. Tuttavia a quell'epoca la maggiore parte dei seggi nella House of Rapresentatives era occupata da membri del Partito Federalista, che non vedevano in Jefferson e tanto meno in Burr dei degni successori di Adams. Questa situazione apparentemente paradossale si cristallizzò in una situazione di stallo, nella quale entrambi i contendenti non riuscivano a ricevere una maggioranza sufficiente per la proclamazione a presidente. A questa situazione provvide a mettere fine un gruppo di deputati federalisti, che trovò una via per fare eleggere Jefferson e allo stesso tempo salvare la faccia. Al termine della trentaseiesima votazione, quando si era giunti nuovamente a una situazione di parità, essi decisero di astenersi dalla votazione seguente, permettendo a Jefferson di ricevere la maggioranza necessaria per essere eletto.
In seguito a tale evento, che aveva delineato una situazione di stallo quasi irrisolvibile, si decise di modificare l'iter delle elezioni presidenziali tramite il dodicesimo articolo della Costituzione statunitense. Con l'elezione di Jefferson a presidente, il partito democratico repubblicano interruppe l'egemonia del partito federalista, ponendo nel giro di pochi anni fine alla maggioranza parlamentare federalista. Per il successivo quarto di secolo sarebbe quindi rimasto in carica sempre un presidente democratico repubblicano, fino a quando nel 1825 non venne eletto presidente degli Stati Uniti il federalista John Quincy Adams.
Jefferson fu nominato presidente il 4 marzo 1801 e da subito dovette occuparsi delle cosiddette "nomine di Mezzanotte". L'uscente amministrazione federalista infatti, negli ultimi giorni prima che terminasse il mandato di Adams, aveva nominato un gran numero di giudici federali (naturalmente su posizioni ad essa gradite) ed anche il nuovo Presidente della Corte suprema, John Marshall. Jefferson contestò la validità di queste nomine sostituendo i giudici nominati. Il tutto culminò infine alcuni mesi più tardi nella famosa sentenza della Corte suprema nota anche come "caso Marbury contro Madison", ma la "guerra contro la magistratura" finì però solo quando Jefferson, non essendo riuscito a far dimettere alcuni giudici della Corte suprema particolarmente ostili, si rassegnò chiudendo di fatto la questione. Se pure alla fine l'amministrazione di Jefferson uscí sconfitta da tale episodio, il supporto delle corti federali a livello politico si rivelò di secondaria importanza, tanto che nonostante Madison avesse formalmente perso la causa nei confronti di Marbury, questo evento non impedì che otto anni piú tardi venisse eletto alla Casa Bianca come successore di Jefferson.
Uno degli eventi più importanti durante la presidenza di Jefferson fu certamente l'acquisto della Louisiana. Sotto il suo mandato gli USA acquistarono dalla Francia la Louisiana per 22,5 milioni di dollari.
Con l'intenzione di espandere il territorio degli Stati Uniti Jefferson inviò nel 1801 Robert R. Livingston in Francia per condurre le trattative per l'acquisto della città di New Orleans. Livingston però si vide inizialmente contrapporre un deciso no da parte francese, fatto che spinse Jefferson a mandare Monroe in suo aiuto a Parigi. Nel frattempo però al momento dell'arrivo di Monroe in Francia la posizione dei francesi circa la vendita di New Orleans era cambiata. Napoleone ed il suo ministro degli esteri, Charles-Maurice de Talleyrand, avevano rivalutato l'offerta americana pensando di vendere l'intera Louisiana agli Stati Uniti. Questo avrebbe permesso a Napoleone di finanziare le sue campagne di guerra mentre avrebbe permesso agli Stati Uniti di raddoppiare il proprio territorio. Alla fine, dopo lunghe trattative, la Louisiana fu ceduta agli Stati Uniti al prezzo di 22,5 milioni di dollari, che equivaleva a sette dollari per chilometro quadro.
Nonostante l'entusiasmo iniziale da parte di Jefferson per quanto riguardava l'offerta francese, sia Jefferson, sia Madison nutrivano seri dubbi sul fatto che la Costituzione permettesse al Congresso di acquistare terreno da un altro paese, tanto che Jefferson richiese una modifica della Costituzione con l'aggiunta di un paragrafo che esplicitamente prevedesse tale eventualità, anche se poi in definitiva decise di accettare l'offerta francese senza effettuare alcuna modifica alla Costituzione. Il contratto di vendita fu ratificato il 30 aprile 1803 dal Congresso e il 20 ottobre dello stesso anno dal Senato.
Un altro fondamentale episodio della presidenza di Jefferson fu l'esplorazione del Nord-Ovest del paese, avvenuta in seguito all'acquisto della Louisiana. La Spedizione di Lewis e Clark, comandata dagli ufficiali Meriwether Lewis e William Clark, diede il via alla conquista dell'Ovest e allo sterminio e all'oppressione dei nativi americani che abitavano da sempre questi luoghi. Lewis e Clark furono incaricati di esplorare una via navigabile che portasse dal entroterra alla costa pacifica. Durante questa spedizione, che durò dal maggio del 1804 fino al settembre del 1806, Clark poté esplorare la fauna e la flora dei nuovi territori, portando al suo ritorno sulla costa atlantica piante ed animali fino ad allora sconosciuti al mondo della scienza.
Nel 1805 Jefferson attuò il primo intervento militare statunitense al di fuori dal territorio nazionale, con il bombardamento di Tripoli nel corso della guerra barbaresca, contro la pirateria che minacciava i traffici commerciali americani nel Mediterraneo. I corsari barbareschi controllavano il quadrante meridionale e centrale del Mar Mediterraneo e pretendevano pedaggi per le navi che transitavano per le acque da loro controllate. Fino a quando gli Stati Uniti erano rimasti una colonia britannica, le navi mercantili americane godevano della protezione della Royal Navy, ma con la dichiarazione di indipendenza esse erano ormai prive di protezione, e gli assalti ai mercantili americani andarono rapidamente aumentando. La situazione raggiunse il culmine con la richiesta del Pascià di Tripoli di 225 000 dollari di tributo per liberare alcune navi americane aggredite e che si erano rifiutate di pagare il pedaggio.
Jefferson rifiutò la richiesta e dichiarò la guerra ai corsari. Dopo diverse battaglie si giunse infine a un accordo tra Tripoli e Jefferson che prevedeva lo scambio di trecento prigionieri americani in cambio di cento prigionieri tripolini e 60 000 dollari di risarcimento.
A parte questo episodio Jefferson, fu un pacifista convinto, tanto che ridusse considerevolmente le spese militari. Il resto della sua amministrazione fu occupato dal problema dei diritti di neutralità, che gli USA rivendicavano di fronte a Francia e Gran Bretagna che all'epoca si trovavano in guerra fra loro.
Per quanto riguarda la sua politica interna Jefferson si adoperò all'abbattimento del debito pubblico degli Stati Uniti accumulato durante i primi anni della giovane democrazia americana.
Di fatto fu molto efficiente nel perseguire tale scopo, tanto che alla fine del suo mandato il debito contratto era stato decisamente ridotto rispetto al livello di quando era stato eletto presidente.
Tale
merito va però riconosciuto in primis al suo ministro del
tesoro Albert Gallatin, il quale rimase in carica fino al
1814, riducendo il debito pubblico da 80 milioni di dollari
a 45 milioni.
Nonostante i suoi molti successi Jefferson dovette anche
incassare alcune sonore sconfitte da parte dell'opposizione
federalista. Il 13 febbraio 1801 il Congresso - che
all'epoca fruiva di una maggioranza federalista dei seggi -
aveva varato il cosiddetto Judiciary Act of 1801 che, come
già detto in precedenza, creava una serie di nuove corti
federali con tanto di giudici, il tutto messo in atto dai
federalisti in extremis per ostacolare il neo-eletto
presidente.
Complessivamente con le nomine di mezzanotte Adams aveva nominato nelle ultime ore del suo mandato durante la notte del 2 marzo 1801 42 nuovi giudici federali, tra i quali il suo ministro degli Esteri John Marshall, nominato Primo Giudice della Corte Suprema. A causa dello scarso tempo rimasto a disposizione di Adams per effettuare tutte le nomine necessarie, Marshall non riuscì a ricevere in tempo tutti documenti necessari che lo qualificavano come Primo Giudice della Corte Suprema: fatto che spinse Jefferson a definire nulla la nomina di Adams. Di conseguenza William Marbury, uno dei giudici federali eletti da Adams, fece causa presso la Corte Suprema nei confronti del nuovo ministro della Giustizia James Madison, accusandolo di rifiutare di riconoscere la sua posizione di giudice federale. Nel seguente processo la Corte Suprema però stabili che non poteva giudicare in merito alla vicenda in quanto tale caso non rientrerebbe nelle proprie competenze. Tuttavia però prima che tale fatto emergesse, John Marshall, il quale ricopriva la carica di Primo Giudice della Corte Suprema, riuscì a dimostrare che Madison aveva compiuto un illecito non riconoscendo la carica di giudice federale di Marbury. Se pure di fatto Marbury non poteva essere ancora nominato a tutti gli effetti giudice federale, in quanto privo dei documenti necessari, questo verdetto diede forza all'opposizione e a tutte le corti federali dove erano stati nominati giudici filo federalisti. Tale evento portò infine all'accusa e alla rimozione del giudice filo repubblicano John Pickering, per il quale si ottenne l'Impeachment, finendo con l'essere rimosso dalla sua funzione di giudice.
Alla fine del sue primo mandato, Jefferson si candidò nuovamente alle elezioni, questa volta nominando come suo vice non già Aaron Burr, ma bensì George Clinton. In seguito al duello al quale aveva partecipato Aaron Burr e nel quale era stato ferito a morte Alexander Hamilton, Burr venne accusato di omicidio in due Stati federali e si dovette ritirare dalla scena politica, non potendosi candidare per la vicepresidenza.
I candidati federalisti invece erano Charles C. Pinckney ed il senatore dello stato di New York Rufus King. Jefferson e Clinton vinsero le elezioni con grande margine di vantaggio rispetto ai loro avversari, con un totale di 162 voti a favore mentre Pinckney e King si dovettero accontentare di soli 14 voti a testa.
Ciò nonostante il suo secondo mandato non fu più facile del primo. Inaspettatamente gli avversari più pericolosi questa volta provenivano dallo stesso schieramento di Jefferson. Attorno a John Randolph e ai suoi sostenitori, anche noti con il nome di "Tertium Quid“ o "Old Republican", i quali sostenevano che la politica di Jefferson si era avvicinata sempre più a quella dei federalisti, si era formata una temibile opposizione, che mise ripetutamente in serie difficoltà Jefferson. Tra gli argomenti che causarono i maggiori attriti tra gli schieramenti ci fu certamente quello che riguardava l'acquisto della Louisiana, dal momento che, come essi stessi sostenevano, la costituzione non forniva i poteri necessari al parlamento per l'acquisto di nuovi territori e altrettanto tentarono di fare quando Jefferson cercò di acquistare nuovi territori dalla corona spagnola in Florida.
Un ulteriore problema derivava dal suo primo vicepresidente Aaron Burr. Dopo il duello con Hamilton egli era fuggito nel West per sfuggire alla condanna di omicidio al di fuori della giurisdizione degli Stati Uniti. Ben presto però giunsero voci a Washington che Burr volesse creare un proprio impero e stesse tramando contro il governo statunitense. Perciò Jefferson ordinò di catturare Burr e di processarlo per alto tradimento. Burr fu catturato e processato ma fu trovato innocente per quanto riguardava l'accusa di tradimento e fu nuovamente liberato.
Per quanto riguarda invece la politica estera, Jefferson seguì sempre il principio della non-ingerenza nelle vicende politiche europee, dottrina che più tardi divenne famosa con il nome di dottrina Monroe. Di conseguenza, per proteggere le navi mercantili statunitensi da eventuali attacchi britannici, Jefferson ratificò nel 1807 l'Embargo Act, che proibiva l'esportazione di beni prodotti negli Stati Uniti in Europa. Tale legge però non ebbe gli effetti desiderati e numerosi marinai persero il loro posto di lavoro. In New England ci fu di conseguenza una crisi economica senza precedenti e un fortissimo malcontento dilagò nella popolazione. Ciò nonostante da parte europea non ci fu alcuna reazione e nel 1809, dopo che il mandato di Jefferson era terminato, tale legge fu infine abolita, anche se gli assalti attuati dalla marina britannica non cessarono. Tali assalti causarono infine, tre anni più tardi, la guerra del 1812 tra Regno Unito e Stati Uniti.
Nel 1808 Jefferson varò una legge che proibiva l'importazione degli schiavi, ma già nel momento in cui fu firmata si sapeva che essa sarebbe risultata del tutto inefficace. Il 4 marzo 1809, dopo essere stato per otto anni in carica, terminò il suo secondo mandato, al termine del quale si ritirò dalla scena politica. Malgrado fosse stato nuovamente proposto per la carica presidenziale, Jefferson rifiutò la candidatura sostenendo, come aveva anche fatto George Washington in precedenza, che era pericoloso accentrare il potere per troppo tempo nelle mani di un solo uomo.
Un aspetto curioso della carriera politica di Jefferson, che appare ancora più evidente durante il suo mandato da presidente, è dato dal fatto che Jefferson preferì durante tutta la sua carriera politica rivolgersi ai suoi concittadini tramite lettere pubbliche piuttosto che tenendo dei discorsi. Durante i suoi otto anni di mandato infatti tenne solo due discorsi. La causa di tale atteggiamento trova spiegazione nel fatto che Jefferson probabilmente soffrisse di una lieve forma di Sigmatismo.
Ritiratosi dopo la fine del suo secondo mandato, dopo che Madison fu nominato nuovo presidente degli Stati Uniti, Jefferson si dedicò completamente alla ristrutturazione della sua tenuta a Monticello, con la quale volle imitare Villa Capra detta la Rotonda di Andrea Palladio e il Pantheon a Roma
Inoltre Jefferson ebbe un intenso scambio di lettere con molte persone influenti del suo periodo e per facilitare lo scambio della corrispondenza inventò il cosiddetto poligrafo di Jefferson, un precursore della odierna fotocopiatrice.
Fino al 1800 Jefferson fu un intimo amico di Adams e di sua moglie Abigail. Con l'elezione a presidente e con i successivi attriti che si verificarono la loro amicizia ne risentì, diventando più tiepida. Dal momento che entrambi erano però usciti dalla scena politica, Jefferson ritenne opportuno riallacciare questa vecchia amicizia.
Un ulteriore progetto che stava molto a cuore a Jefferson, era la fondazione della Università della Virginia, a Charlottesville. Questo desiderio di fondare un ateneo in Virginia risaliva al 1770, ma dal momento che egli non era più occupato dalle faccende politiche, poté dedicarsi a tempo pieno a questa sua vocazione. Su pressione di Jefferson e del politico Joseph C. Cabell, il parlamento della Virginia decise di fondare una nuova università statale in Virginia. Fu quindi interpellata una commissione che vide dal 1818 in poi Jefferson incaricato di sovraintenderne i lavori. Come sovraintendente, Jefferson non esercitò solo una grande influenza sui futuri docenti della neo-fondata università, ma partecipò anche attivamente, assieme a Benjamin Latrobe, ai lavori di progettazione.
Gli ultimi anni di vita di Jefferson furono abbastanza movimentati, nonché segnati da forti problemi finanziari. La ristrutturazione della sua tenuta di Monticello e il suo stile di vita relativamente sfarzoso lo avevano indotto a spendere grandi cifre di denaro e ad accumulare molti debiti. Inoltre si fece carico anche dei debiti di un amico e la sua situazione economica collassò. Per fare fronte ai debiti fu costretto a vendere molte delle sue proprietà e infine parve quasi certo che dopo la sua morte anche la tenuta di Monticello non potesse andare agli eredi.
Se pure Jefferson si fosse ritirato dalla scena politica dopo la fine del suo secondo mandato, alcune vicende dalla politica contemporanea dell'epoca lo preoccupavano seriamente. Prima tra tutte il cosiddetto compromesso del Missouri con il quale il congresso tentò contemporaneamente di arginare lo schiavismo, ma allo stesso tempo concedeva agli stati del sud situati al di sotto del 36º parallelo di detenere degli schiavi. Secondo Jefferson infatti non c'era nulla che il potere centrale potesse fare per arginare il diffondersi della schiavitù negli Stati Uniti, e tanto meno avrebbe potuto fare differenze tra i singoli stati, ´concedendo agli uni diritti che negava agli altri.
Infine ai molti problemi di Jefferson si aggiunsero anche problemi di salute che gli impedirono di partecipare al cinquantesimo anniversario della Dichiarazione di Indipendenza. In una lettera indirizzata a Robert Weightman, che lo aveva invitato a partecipare all'anniversario per la celebrazione della Dichiarazione, egli si rivolse ancora, per un'ultima volta, al popolo americano. Una settimana più tardi, il 4 luglio 1826, esattamente il giorno del cinquantaseiesimo anniversario della Dichiarazione di Indipendenza, Jefferson morì. In quello stesso giorno morì anche il suo amico e avversario politico John Adams.
Il pensiero di Jefferson fu fortemente influenzato dall'Illuminismo, al punto che egli stesso definì John Locke, Francis Bacon e Isaac Newton, i tre più grandi uomini della storia. Fu inoltre un convinto sostenitore di un'America libera, composta da agricoltori liberi, fatto che lo spinse ad impegnarsi affinché ogni cittadino americano potesse acquisire un pezzo di terreno. Jefferson fu anche un convinto sostenitore del libero mercato. Durante il suo periodo in Europa, in veste di emissario, aveva ratificato un accordo di commercio con la Prussia. La sua ferma convezione che il liberismo fosse il futuro migliore per la neo-fondata nazione fu però anche alla base delle numerose divergenze avute con Hamilton. Hamilton, che aveva una visione più conservatrice e che vantava origini newyorkesi, si era dichiarato disposto a proteggere il settore manifatturiero americano anche a costo di introdurre dazi sui beni importati. Questa controversia fu infine alla base della Guerra di secessione, se pure talora trascurata a favore di altre cause. Si notano quindi le differenze tra gli Stati del nord e quelli del sud. I primi per lo più industrializzati e privi di una componente agricola, mentre i secondi invece fortemente legati all'agricoltura e privi di grandi complessi industriali e manifatturieri.
Jefferson fu un paladino del pensiero democratico e del riconoscimento dei diritti umani. Una visione che probabilmente aveva maturato durante il suo periodo di diplomatico a Parigi, quando fu coinvolto nella rivoluzione francese.
Per quanto riguardava la politica interna, Jefferson fu un instancabile fautore del sistema federalista, nel quale i singoli Stati potessero godere di ampi margini di autodeterminazione.
Egli stesso affermò, in occasione della Resolution of Kentucky, che gli Stati Uniti erano una confederazione di singoli Stati indipendenti, uniti da un unico potere centrale, il quale poteva essere esercitato in ottemperanza agli articoli della Costituzione e solo nei casi in cui la Costituzione esplicitamente lo avesse previsto. La convinzione al riguardo di Jefferson fu così forte che, qualora una decisione del Congresso non fosse stata prontamente sostenuta da un articolo della Costituzione, egli era propenso ad annullarla. La visione di Jefferson si spinse fino al punto di sostenere che il potere centrale non potesse interferire con il potere legislativo dei singoli Stati, come d'altronde previsto dai primi accordi confederali che dettero vita agli Stati Uniti d'America. Tale posizione ebbe un'importanza non secondaria della futura Guerra di secessione.
L'interpretazione estremamente restrittiva di Jefferson riguardo la Costituzione americana fu alla base degli Alien and Sedition Acts, con i quali egli si oppose in modo deciso alla creazione di una Banca Centrale. Ciò nonostante, Jefferson non applicò mai durante i suoi otto anni di mandato la Costituzione con eccessivo rigore, come aveva richiesto invece si facesse nel periodo in cui era all'opposizione, tanto che, durante il suo primo mandato di Presidente, permise l'acquisto della Louisiana senza prima modificare la Costituzione. Altrettanto fece alla fine del suo mandato, quando tentò di decretare l'embargo nei confronti degli Stati europei, concedendo poteri eccezionali a esercito e marina, che consentissero loro di perquisire i cittadini americani senza un mandato: azione che era in palese contrasto con il Bill of Rights. Atteggiamento che era stato da lui stesso criticato quando esso era stato adottato dalle forze armate britanniche nei confronti dei coloni americani. A causa di queste discrepanze tra ideali e politica reale, il sentimento americano nei confronti di Jefferson fu fortemente contrastante, tanto che si arrivò anche al punto di odiarlo. Ciò nonostante alla fine prevalse un sentimento positivo nei suoi confronti che gli permise di essere ancor oggi considerato uno dei più importanti presidenti degli Stati Uniti.
Come molti ricchi terrieri dell'epoca, anche Jefferson possedeva moltissimi schiavi. Nonostante fosse un convinto sostenitore dei diritti umani riesce difficile capire per quali motivi si opponesse in modo deciso a qualsiasi tentativo di abolire la schiavitù. Appare paradossale che egli negasse ai propri schiavi il diritto alla libertà: diritto che a sua volta egli stesso aveva affermato essere il diritto fondamentale di ogni singolo individuo. Per comprendere queste forti discrepanze tra ideali e vita reale si dovrà ricordare come numerosi dei padri fondatori degli Stati Uniti fossero ricchi proprietari terrieri e proprietari di moltissimi schiavi. Fra essi spiccano, ad esempio, Benjamin Franklin, James Madison e George Washington. Si ricorderà inoltre come la cultura dell'epoca considerasse gli schiavi di colore come esseri inferiori, tanto da non essere paragonabili a esseri umani.
Lo stesso Jefferson era consapevole di tale paradosso e, in un'occasione pubblica, affermò che mantenere in vigore la schiavitù era come tenere un lupo per le orecchie: si vorrebbe lasciare la presa ma non lo si può fare per paura di essere divorati. Egli stesso, nei primi anni della sua carriera politica, quando era ancora deputato nella Camera Bassa della Virginia, aveva incitato la popolazione a liberare gli schiavi, malgrado egli in tale occasione non ne liberasse alcuno. Particolarmente forte appare la discrepanza tra teoria e prassi nel suo libro Notes on the State of Virginia, nel quale attaccava apertamente la schiavitù ma sostiene contemporaneamente la tesi che la popolazione di colore fosse inferiore alla popolazione caucasica. Particolarmente controversa risulta infine la vicenda circa la relazione avuta con la schiava Sally Hemings, probabilmente sorellastra della moglie Martha Wayles, dalla quale ebbe più di un figlio. Già all'epoca tale vicenda aveva suscitato scalpore nell'opinione pubblica. Da alcune ricerche condotte negli ultimi anni con l'ausilio della prova del DNA si ha la quasi certezza che Jefferson fosse il padre dei figli di Sally Hemmings.
L'espansione degli Stati Uniti verso occidente vide nell'acquisto della Louisiana messo in opera da Jefferson uno dei suoi momenti certamente più significativi. Inevitabilmente però si scatenarono conflitti tra le popolazioni native che abitavano quei territori e i coloni venuti da oriente. Jefferson nutrì da subito un grande interesse verso la cultura di queste popolazioni, tanto da definire un discorso tenuto dal capotribù Logan equivalente ai discorsi di Demostene e Cicerone. Dal 1780 iniziò a collezionare una lista di parole indiane, ma allo stesso tempo definì (a causa del loro stile di vita seminomade) le tribù indiane che vivevano nel nord del paese come tribù barbariche e selvagge. In completo contrasto con l'opinione di molti suoi contemporanei, sostenne anche che i nativi americani fossero intellettualmente alla pari degli europei. Fortissimo fu poi il tentativo di integrare gli indiani nella società per evitare la loro estinzione. Per accelerare questo processo, inviò (analogamente a quanto avevano fatto i suoi predecessori) numerosi pastori nelle terre appena conquistate per convertire gli indiani al Cristianesimo. Nonostante tutti i suoi sforzi, la sua politica fallì a causa dell'elevatissimo numero di coloni che si espansero nelle nuove terre a scapito delle popolazioni indiane indigene.
Meno controverso fu l'atteggiamento di Jefferson nei confronti della religione e del rapporto tra Chiesa e Stato. Jefferson fu un grande fautore di uno Stato laico. In una lettera pubblica sostenne che nessun uomo deve rendere conto ad altri per la sua fede e per le sue convinzioni religiose. Jefferson fu inoltre l'autore dell'opera Virginia Statute for Religious Freedom pubblicata nel 1779.
Fino alla sua morte Jefferson fu inoltre membro della chiesa episcopale. Cercò anche di pubblicare una nuova traduzione del Nuovo Testamento che risultava drasticamente più corta del testo originale. Questa versione del Nuovo Testamento fu infine pubblicata dopo la sua morte sotto il titolo di Jefferson Bible.
Jefferson non fu solamente un politico ma fu, se pure in modo marginale, anche uno scienziato e un inventore. A partire dal 1780 fu membro della American Philosophical Society. della quale fu presidente dal 1787 fino al 1815. Inoltre Jefferson è ritenuto uno dei pionieri della archeologia statunitense. Fu il primo a studiare e a condurre ricerche sulle tombe degli indiani nei pressi della sua tenuta di Monticello. Fu quindi anche uno dei primi ad utilizzare un metodo ritenuto oggi precursore della Dendrocronologia, studiando l'età degli alberi che si trovavano sui tumuli sotto i quali erano stati sepolti i nativi. Fu inoltre un fervente biologo. Nel 1799 fu nominato in suo onore il Megalonyx jeffersoni, un antico antenato del odierno bradipo ormai completamente estinto.
Jefferson fu anche un appassionato architetto e, oltre alla costruzione dell'Università della Virginia ed alla ristrutturazione della sua tenuta di Monticello, partecipò anche alla progettazione del Campidoglio di Richmond, in Virginia. Se pure i suoi contributi nel campo dell'architettura sono stati relativamente modesti rispetto a quelli prodotti in molti altri campi, Jefferson viene spesso ritenuto il padre fondatore dell'architettura negli Stati Uniti.
Inoltre Jefferson si mise in luce anche come inventore. Oltre al poligrafo da lui prodotto, inventò un attaccapanni ancora oggi utilizzato. Tra le sue invenzioni più famose spicca certamente un cifrario, noto con il nome di Wheel Cypher, più tardi divenuto anche famoso come Rullo di Jefferson. Lui stesso non utilizzò mai questo apparecchio ma fino alla seconda guerra mondiale il rullo di Jefferson fece da base per molti apparecchi usati dalla US-Army per cifrare e decifrare i messaggi in codice.
Jefferson fu anche un entusiasta viticoltore, anche se in questo campo non ebbe troppo successo. Ritornato dalla Francia, Jefferson avrebbe cercato di avviare una tenuta vitivinicola a Monticello, ma con scarso successo. Inoltre sempre durante la sua permanenza in Francia egli avrebbe acquistato una enorme collezione di pregiatissime bottiglie di vino che egli stesso avrebbe poi successivamente marcato con le proprie iniziali. Alcune delle bottiglie sono giunte fino ai giorni nostri e sono di proprietà di alcuni collezionisti, anche se non è del tutto escluso che si tratti di falsi. Infine Jefferson fu anche un accanito lettore e la sua biblioteca privata a Monticello comprendeva oltre 6.500 volumi. Dopo l'incendio del 1812 avvenuto nel corso della guerra anglo americana e nel quale andò quasi completamente distrutta l'intera Biblioteca del Congresso, Jefferson offrì al Congresso di vendere la sua biblioteca privata che vantava oltre il doppio dei volumi della Library of Congress di Washington D.C.
Jefferson fu sottoposto, già dai suoi contemporanei, a forti critiche, che raggiunsero l'acme dopo la sua morte. Allo stesso tempo fu però anche elogiato da molti. In particolare da Andrew Jackson che, a capo del Partito Democratico, lo vide come il fondatore di questo partito e lo fece apparire come l'idolo dei democratici. Paradossalmente però il Partito Democratico non era l'unico partito a rivendicare l'eredità di Jefferson. Allo stesso tempo nel periodo tra il 1820 e il 1830 anche il partito Whig rivendicava gli ideali di Jefferson.
La sua figura divenne di centrale importanza durante un'importante crisi politica nel corso del 1832/33 circa i poteri e i diritti dei singoli Stati nei confronti del potere federale centrale. Le posizioni sostenuta da Jefferson durante la sua vicepresidenza e la sua stretta interpretazione della Costituzione avevano spinto alla formazione di un gruppo di parlamentari detti anche "i nullificatori", i quali tentarono sistematicamente di annullare tutte le decisioni prese dal Congresso rifacendosi a quanto detto da Jefferson e sostenendo che il Congresso avesse solo una sua competenza solo nel caso in cui la Costituzione lo prevedesse esplicitamente. Come esempio furono prese dai nullificatori le Kentucky Resolutions del 1789 nelle quali Jefferson citò esplicitamente il diritto di autodeterminazione dei singoli Stati. Se pure successivamente lo stesso Jefferson intervenne per scongiurare il pericolo di un ostruzionismo da parte dei nullificatori, che avrebbe portato alla paralisi della macchina burocratica, smentendo quanto affermato dai nullificatori e sostenendo che tali azioni erano in palese contrasto con quanto da lui sostenuto, le Kentucky Resolutions furono più tardi anche strumentalizzate dagli Stati secessionisti per giustificare la guerra di secessione.
Oltre al Partito Democratico e a quello Whig, anche il neo fondato Partito Repubblicano, nonostante fosse composto da molti ex-federalisti, rivendicò all'atto della propria fondazione nel 1854 gli ideali di Jefferson e la sua eredità intellettuale. Paradossalmente il Partito Repubblicano si identificò con le condanne di Jefferson nei confronti della schiavitù.
Infine gli stessi Stati secessionisti durante la guerra di secessione si appoggiarono agli ideali di Jefferson, citando l'autodeterminazione dei singoli Stati nei confronti del potere centrale come motivo per la secessione. Tale ideale era talmente radicato in molti secessionisti, che, ad esempio, lo stesso Copperhead Clement Vallandigham ritenne di aver seguito alla lettera gli insegnamenti di Jefferson.
L'immagine di Jefferson ricevette apprezzamenti anche in Europa, dove egli fu visto come un antagonista dei sistemi totalitari vigenti in numerosi stati. La sua popolarità si espresse significativamente con la costruzione del Jefferson Memorial a Washington nel 1943 e con la scultura della sua immagine sul monte Rushmore.
Molti furono gli aspetti controversi e molte furono le critiche rivoltegli anche dopo la sua morte. Tra quelle più note spicca certamente la Dichiarazione del 1776 nella quale Jefferson delineò il profilo della nuova nazione americana, definendo gli indiani d'America come "spietati selvaggi" da eliminare o addomesticare.
Altro aspetto controverso è l'inserimento all'interno della Dichiarazione d'indipendenza del 1776 del secondo paragrafo secondo cui "tutti gli uomini sono stati creati uguali ..." che Jefferson scrisse di suo pugno, pur essendo uno schiavista e possedendo più di 200 schiavi di cui rifiutò la liberazione perfino nell'atto testamentario con cui invece dispose la loro vendita a pagamento dei debiti lasciati in sospeso. Nel 1814 respinse inoltre sdegnato la richiesta da parte di John Quincy Adams di esprimere il sostegno pubblico alla causa antischiavista. Scandaloso per l'epoca fu inoltre il suo rapporto sentimentale con la sua schiava Sally Hammings, che causò numerosi scandali e fu alla base di accesi dibattiti riguardanti la questione se i figli della Hammings fossero o meno di Jefferson.
Quasi dimenticata fu infine la figura di Jefferson negli anni che seguirono la fine della guerra di secessione, quando ormai molti membri del Partito Repubblicano riscoprirono le idee dell'avversario politico di Jefferson, Alexander Hamilton, la cui figura dopo la sua morte nel duello con Burr era caduta in lungo periodo di oblio. Le idee di Jefferson di un America composta da agricoltori liberi pareva ormai nel mezzo della rivoluzione industriale superate. Solo a partire dall'inizio del ventesimo secolo la figura di Jefferson fu lentamente riscoperta. Di centrale importanza per la sua riscoperta a livello politico fu la sua visione di un sistema scolastico pubblico, della quale il partito democratico ne fece il proprio cavallo di battaglia.
Durante il mandato di Woodrow Wilson la figura di Jefferson vide con una reinterpretazione in chiave contemporanea delle sue idee una costante crescita della propria popolarità che raggiunse l'apice sotta la presidenza di Franklin Delano Roosevelt. Se pure i metodi di Roosevelt ricordassero a tratti più gli ideali di Hamilton che quelli di Jefferson, molti contemporanei videro nel presidente Roosevelt l'innovazione e la continuazione delle idee di Jefferson.
Nonostante a partire dal ventesimo secolo l'immagine di Jefferson avesse riacquistato popolarità ed importanza alcuni aspetti controversi continuarono a gettare ombre sulla sua figura. Con la formazione del Civil Rights Movement e con il movimento per il riconoscimento dei diritti degli afroamericani nel 1955, la sua posizione irremovibile di fronte alla questione della schiavitù fu nuovamente oggetto di critiche tanto quanto la sua relazione con Sally Hammings.
Tratto da: Thomas Jefferson. Wikipedia, L'enciclopedia libera.