Karl Popper
Sir Karl Raimund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 – Londra, 17 settembre 1994) è stato un filosofo e epistemologo austriaco, naturalizzato britannico. È considerato uno dei più influenti filosofi del Novecento.
Popper è anche considerato un filosofo politico di statura considerevole, difensore della democrazia e del liberalismo e avversario di ogni forma di totalitarismo. Egli è noto per il rifiuto e la critica dell'induzione, la proposta della falsificabilità come criterio di demarcazione tra scienza e metafisica, la difesa della "società aperta".
Nato a Vienna nel 1902 da una famiglia della media borghesia di origini ebraiche, Karl Popper studia presso l'Università di Vienna. Nel 1919 rimane attratto dal marxismo e di conseguenza entra a far parte dell’Associazione degli Studenti Socialisti e diventa anche membro del Partito Socialdemocratico Austriaco, partito che a quel tempo aveva adottato pienamente l’ideologia marxista. Deluso dalle restrizioni filosofiche imposte dal materialismo storico di Marx, abbandona l’ideologia marxista rimanendo un sostenitore del liberalismo sociale per tutta la sua vita. Nel 1928 consegue il dottorato in Filosofia e tra il 1930 e il 1936 insegna nelle scuole secondarie. Nel 1937, in seguito all'avvento del nazismo decide di emigrare in Nuova Zelanda e diventa lecturer di filosofia presso l'Università di Canterbury a Christchurch. Nel 1946, si trasferisce in Inghilterra, dove insegna logica e metodo scientifico alla London School of Economics e diventa professore nel 1949. Proclamato baronetto dalla regina Elisabetta II nel 1965, nel 1976 è ammesso come membro della Royal Society. Egli si ritira dall'insegnamento nel 1969 ma rimane intellettualmente attivo fino al 1994.
Durante la sua vita Popper viene insignito di diversi riconoscimenti, tra cui il Premio Lippincott dell'American Political Science Association, il Premio Sonning e l'ingresso alla Royal Society, alla British Academy, alla London School of Economics, al Kings College di Londra e al Darwin College di Cambridge. Anche l'Austria gli riserva diversi riconoscimenti.
Popper ha coniato l'espressione razionalismo critico per descrivere il proprio approccio filosofico alla scienza. L'espressione è significativa e implica il rifiuto dell'empirismo logico, dell'induttivismo e del verificazionismo. Popper afferma che le teorie scientifiche sono proposizioni universali che possono essere controllate solo indirettamente a partire dalle loro conseguenze. La conoscenza umana è di natura congetturale e ipotetica, e trae origine dall'attitudine dell'uomo di risolvere i problemi in cui si imbatte. Popper pone al centro dell'epistemologia la fondamentale asimmetria tra verificazione e falsificazione di una teoria scientifica: infatti, per quanto numerose possano essere, le osservazioni sperimentali a favore di una teoria non possono mai provarla definitivamente ma basta un solo controesempio per confutarla. La falsificabilità è anche il criterio di demarcazione tra scienza e non scienza: una teoria è scientifica se e solo se essa è falsificabile. Ciò conduce Popper ad attaccare le pretese di scientificità della psicoanalisi e del materialismo dialettico del marxismo, dal momento che queste teorie non possono essere falsificate. Il pensiero di Popper è stato influenzato dallo studio della teoria della relatività di Albert Einstein.
In La società aperta e i suoi nemici e in Miseria dello storicismo, Popper critica lo storicismo e difende lo stato democratico e liberale. Per lo storicismo la storia si sviluppa inesorabilmente e necessariamente secondo leggi razionali. Secondo Popper lo storicismo è il principale presupposto teorico di molte forme di autoritarismo e totalitarismo. Di conseguenza egli attacca lo storicismo, osservando che esso si fonda su una concezione erronea della natura delle leggi e delle previsioni scientifiche. Dal momento che la crescita della conoscenza umana è un fattore causale nella evoluzione della storia umana e che "nessuna società può predire scientificamente il proprio futuro livello di conoscenza", non può esistere una teoria predittiva della storia umana. Popper si schiera dalla parte dell'indeterminismo metafisico e storico.
Alcune critiche sono state mosse alle tesi di Popper. La tesi di Quine-Duhem da cui deriva che è impossibile controllare una singola ipotesi, dal momento che ogni ipotesi fa parte di un apparato teorico più ampio. Di fronte a un controesempio è l'intero apparato teorico che risulta confutato senza che si possa sapere quale ipotesi deve essere sostituita. Si prenda per esempio la scoperta del pianeta Nettuno: quando si scoprì che il moto di Urano non corrispondeva alle previsioni fondate sulla teoria di Newton, fu la proposizione "Ci sono sette pianeti nel sistema solare" a essere rigettata e non le leggi di Newton. Popper discute questa critica nella Logica della scoperta scientifica. Secondo Popper, le teorie scientifiche sono accettate e rifiutate in base a una sorta di selezione naturale. Le teorie che permettono di fare previsioni sulla realtà devono essere preferite a parità di evidenza sperimentale; più una teoria è applicabile, maggiore è il suo valore. Per questo le leggi newtoniane devono essere preferite alle teorie circa il numero dei pianeti che ruotano attorno al Sole.
Popper rinuncia alla possibilità di una conoscenza necessaria e incontrovertibile del mondo reale e afferma che il valore della falsificazione è di portare a teorie sempre più grandi e complesse in grado di spiegare un maggior numero di fenomeni e fornire gli strumenti per il loro controllo.
La falsificazione porta a sostituire un'ipotesi di una teoria con un'altra più complessa e restrittiva, che limita l'ambito di applicabilità della teoria, dovendosi escludere quello in cui è stata falsificata. Un approccio corretto cerca di trovare un'ipotesi che porta a cambiare anche il contenuto della teoria, ovvero equazioni e proposizioni conseguenti da verificare in modo che così riformulate non siano falsificate nemmeno nel contesto che ha portato ad escluderle.
Thomas Kuhn nel suo influente libro La struttura delle rivoluzioni scientifiche osserva che nel loro lavoro gli scienziati seguono paradigmi piuttosto che il metodo falsificazionista. Un allievo di Popper, Imre Lakatos ha tentato di riconciliare il lavoro di Kuhn con il falsificazionismo, osservando che la scienza progredisce attraverso la falsificazione di programmi di ricerca. Un altro allievo di Popper, Paul Feyerabend, ha rifiutato il legame "procusteano" del monismo metodologico, come erroneo ed anti-empirista, proponendo invece il pluralismo metodologico di una scienza che sia sempre contesto-dipendente.
Feyerabend ha anche accusato Popper di mancanza di originalità di pensiero: le sue idee non sarebbero che una derivazione poco brillante di quelle dei grandi filosofi liberali del XIX secolo e in particolare di John Stuart Mill ("la filosofia di Popper [...] non è altro che un pallido riflesso del pensiero di Mill")
Altri critici hanno tentato di rispondere agli attacchi di Popper allo storicismo, all'olismo, alla pretesa di scientificità della psicoanalisi e del marxismo. Si è osservato che le scienze sociali e umane, come appunto la psicoanalisi o lo studio della società e dell'economia che sono alla base del marxismo, hanno una loro specificità di metodo e sono caratterizzate necessariamente da una maggiore incertezza rispetto alle scienze naturali. Tuttavia anche in questi campi esistono criteri per stabilire cosa è frutto di una seria analisi scientifica e cosa è asserzione arbitraria. Secondo questi critici Karl Marx e Sigmund Freud utilizzavano un metodo rigoroso e cercavano di verificare empiricamente le loro teorie. Perciò i loro lavori devono essere considerati scientifici, il che non vuole dire che non contengano errori (tra chi sostiene queste posizioni ci sono gli studiosi della Scuola di Francoforte).
Karl R. Popper, osservando il degrado verso cui la società si stava indirizzando sul finire del millennio per via dell'impetuosa presenza mediatica nella vita della gente, aveva avanzato una proposta: dare una patente a chi lavora in TV [1], in modo di preservarne a tutti i costi il carattere formativo. Tutti plaudirono alla proposta, ma chi aveva in mano le leve del comando si guardò bene dal fare alcunché.
A luglio 2002, in occasione del congresso per il centenario, uno studio di Maria Luisa Dalla Chiara e Roberto Giuntini ha mostrato come, in un suo intervento del 1968 a proposito del principio di indeterminazione di Heisenberg, di cui difendeva un'interpretazione statistica estremizzante data da Birkhoff e Von Neumann, Popper avesse commesso alcuni errori di calcolo. Essi erano già stati (nel 1935) oggetto di scambio epistolare con Einstein, il quale aveva fatto notare le falle. In seguito però con Josef Jauch, allora giovane fisico, che gli muoveva le stesse critiche, egli fece valere le sue ragioni secondo un principio di autorità.